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L’azienda leader produttrice di droni DJI ha annunciato sul sito ufficiale l’intenzione di procedere alla integrazione delle zone geografiche UAS dei vari Paesi EASA nella propria app.
Nel suo annuncio DJI specifica che inizialmente l’aggiornamento e, pertanto, l’implementazione delle Zone Geografiche UAS, inizierà dai paesi che hanno già implementato le mappe geografiche conformi agli standard tecnici esistenti. Precisamente lo standard tecnico ED-269, qui un approfondimento sullo standard tecnico.
Sempre nello stesso annuncio DJI afferma che includerà, in questo aggiornamento, la maggior parte dei modelli consumer e i clienti dovranno semplicemente aggiornare la loro app di volo.
L’art. 15 del regolamento di esecuzione (EU) 2019/947 prevede che:
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3. Quando, a norma dei paragrafi 1 e 2, definiscono le zone geografiche UAS a fini di geo consapevolezza, gli Stati membri provvedono affinché le informazioni sulle zone geografiche UAS, incluso il loro periodo di validità, siano rese pubbliche in un formato digitale unico e comune.
In buona sostanza il Regolamento europeo obbliga le Authority nazionali, a fornire gratuitamente e pubblicamente il proprio database delle zone geografiche UAS con le relative informazioni (divieti, limitazioni, informazioni, ecc.) riguardanti il sorvolo di determinate zone.
A oggi molte authority europee hanno assolto a quanto previsto dall’art. 15 del Regolamento (EU) 2019/947, l’Italia ancora si deve adeguare nell’adempimento di quanto dispone la normativa europea. Probabilmente il compito di uniformare le mappe ai medesimi standard tecnici spetti, mettendorle successivamente a disposizione, sarà a cura di D-flight, in quanto designato da ENAC a gestire la cartografia ai piloti remoti.
Alla fine DJI renderà disponibile la possibilità per poter importare nei propri droni le Zone Geografiche dove. La cosa tra l’altro risulterà molto comoda, perché permetterà ai cittadini europei di volare in altre Nazioni.
Ma la domanda principe è: la cartografia inserita da DJI e che concorrerà al sistema GEO sarà aggiornata in real time oppure anche qui ci saranno dei disallineamenti che la renderanno, in attesa dell’aggiornamento, non corrispondente alla realtà.
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Come noto non esiste una normativa specifica che regoli l'attività di volo per le associazioni di protezione civile in una attivazione di emergenza o di ricerca e soccorso. Questo vuoto normativo é problema in quanto i tempi biblici per richiedere l'autorizzazione, qualora necessaria, non vanno d'accordo con l'urgenza che l'attività stessa richiede.
Diverso é per l'attività effettuata per esercitazione, in quanto programmata, trova nei tempi di organizzazione della stessa i tempi necessari.
Avere la documentazione apposto mette al riparo l'operatore e il pilota da eventuali contestazioni e, nella peggiore delle ipotesi,
Il rappresentante Enac in occasione della manifestazione RomaDrone 2022 ha esplicitamente dichiarato che per loro, in assenza di una normativa specifica, gli UAS afferenti ad una associazione di protezione civile sono UA pilotati da comuni cittadini e pertanto sono sottoposti alla normativa che investe il comune cittadino.
In modo molto semplificato, solo per facilità di comprensione, un operatore privato di UAS potrebbe effettuare missioni in deroga alla normativa vigente in questi casi:
1. Equiparazione dell’UAS ad aeromobile di Stato
Gli articoli 744, 746 e 748 del Codice della Navigazione indicano cos’è un aeromobile di Stato:
«Sono aeromobili di Stato gli aeromobili militari e quelli, di proprietà dello Stato, impiegati in servizi istituzionali delle Forze di polizia dello Stato, della Dogana, del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, del Dipartimento della Protezione Civile o in altro servizio di Stato»
«Sono equiparati agli aeromobili di Stato gli aeromobili utilizzati da soggetti pubblici o privati, anche occasionalmente, per attività dirette alla tutela della sicurezza nazionale.»
Nel momento in cui scrivo nessuna associazione di protezione civile ha UAS che rientrano in questa categoria, in passato il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT) ha dato questa possibilità ma
2. Stato di necessità (art. 54 c.p.)
«Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo.»
La questione si riferisce ovviamente solo agli eventuali profili penali di un illecito e comunque resta molto difficile immaginare di poter applicare al sorvolo di un UAS quanto previsto dall’articolo in questione.
3. Dichiarazione di stato di emergenza nazionale
Unica autorità che delibera/dichiara lo stato di emergenza di carattere nazionale è la Presidenza del Consiglio dei Ministri, come previsto dall’art. 24 del decreto legislativo n. 1 del 2 gennaio 2018 “Codice della Protezione Civile”.
Quindi un operatore UAS può andare in deroga alla normativa vigente solo ed esclusivamente in presenza di una specifica ordinanza che espliciti tale deroga, come peraltro previsto dai Regolamenti EASA.
In definitiva l'uso dell'UAS in attività di protezione civile, in alcuni contesti é difficile e la lungaggine per le eventuali autorizzazioni cozza contro il "fare presto" della necessità di volare immediatamente, ma il non rispetto della normativa mette l'opertatore e il pilota in guai seri e con la possibilità che l'assicurazione si appelli alla violazione.
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Gli ambiti d’uso di un UAS (drone) sono molteplici, specialmente nelle attività di Protezione Civile: antincendio boschivo, monitoraggio di un evento idrogeologico, ricerca e soccorso di un disperso e tanti altri... ma pilotare un UAS in una attività di Protezione Civile è cosa molto difficoltosa in quanto, attualmente, non esiste una normativa per gli UAS che volano in un contesto emergenziale o in una attività di Protezione Civile quale la ricerca e soccorso
L’unico accenno a una regolamentazione in una situazione emergenziale lo fa il Regolamento di Esecuzione (EU) 2019/947: che cita “I piloti remoti e gli operatori UAS non devono effettuare il volo in prossimità o all’interno di aree in cui siano in atto interventi in risposta a una situazione di emergenza, a meno che non ne abbiano ottenuto il permesso dai servizi responsabili della risposta alle emergenze”. Aggiungerei che tali paragrafi sono alquanto generici e si prestano a varie interpretazioni.
Con la circolare ATM09 emanata da ENAC, che disciplina la modalità di richiesta di una autorizzazione di sorvolo in una zona regolamentata, la conseguente risposta positiva o meno arriva dopo diverse settimane… con buona pace del disperso o dell'evento emergenziale.
Comunque, da qui non si scappa, bisogna volare nel recinto che la legge e che i regolamenti impongono, violare la normativa vigente può essere pagato a caro prezzo.
Le sanzioni applicabili, in Italia, alla violazione della normativa UAS sono attualmente, e fino alla redazione di un nuovo prontuario delle infrazioni, quelle del Codice della Navigazione: ecco il perché delle salatissime sanzioni!
Facciamo alcuni esempi:
- Pilota remoto di un UAS sprovvisto del prescritto “Manuale di volo” durante le operazioni di volo - SANZIONE amministrativa da € 1.549,00 a € 9.296,00.
- Mancanza della copertura assicurativa (RC) - SANZIONE che può raggiungere anche i 15.000€, oltre ovviamente alle conseguenze giuridiche e penali nel caso di danni a terzi.
Quindi... come sempre bisogna in-formarsi e studiare prima di intraprendere qualsiasi attività!